cultura
Il cinema Iris chiuderà, addio a un pezzo di storia. Qual è il destino delle sale?
La variante urbanistica che nei giorni scorsi è stata approvata dal Comune decreta la fine di quasi cent’anni di storia piacentina. Il cinema Iris chiuderà i battenti entro l’estate, ferito dal segno meno della crisi, ormai ricorrente nei conti di parecchie sale cinematografiche: sta per sbriciolarsi una porzione importante del tessuto culturale del centro. Gli spettatori si spostano verso i multiplex periferici, dove hanno a disposizione pizzerie, ristoranti, videogiochi e ampi parcheggi, mentre calano gli incassi e le saracinesche di chi offre “solo” una pellicola. L’Iris, realizzato nel 1919 dalla famiglia Leonardi, cederà il posto – stando alle indiscrezioni raccolte dal quotidiano Libertà – a Zara Home, una linea di articoli per la casa.
Se ne andrà un polo d’aggregazione – purtroppo in difficoltà – fondamentale per il cuore cittadino, un almanacco di ricordi per chi è cresciuto anche sulle poltrone imbottite di Corso Vittorio Emanuele II. Ma è un destino irreversibile quello che tocca alle piccole sale?
«Provo dispiacere nel vedere chiudere un luogo nel quale ho assistito con enorme emozione ai capolavori di Luchino Visconti “Il Gattopardo” e “Rocco e i suoi fratelli” – commenta Piero Verani, presidente di Cinemaniaci -. I problemi non sono solo dell’Iris e della sua proprietà, ma del sistema, dell’industria cinematografica italiana. Il secondo mercoledì del mese a 2€ è un palliativo: bisogna cercare di tenere più bassi i prezzi dei biglietti sempre, in generale, magari con la multi-programmazione che in Italia non si fa. Probabilmente va ripensato lo spazio dedicato alle proiezioni, dato che così com’è stato concepito pare superato. Inoltre, occorre “formare” un nuovo pubblico».
«Quando un cinema chiude – aggiunge Alessandro Malinverni, storico dell’arte e conservatore del Museo Gazzola di Piacenza -, è un colpo inferto alla cultura. Non conosco i risvolti della vicenda specifica, quindi preferisco non esprimere giudizi. La cessazione è un dato di fatto e da qui propongo di partire, per evitare la chiusura delle sale che sono rimaste in centro. Molti sostengono che si tratti di un tramonto ineluttabile, ma io non voglio arrendermi. Penso che una sala che proietta film di qualità debba essere tenuta in considerazione alla pari di un museo o un teatro, in quanto contribuisce all’emancipazione dell’individuo. Facendo mio il motto di Antonio Canova, “opere ci vogliono, non ciarle né feste”, mi sono messo subito al lavoro: sto progettando una rassegna dedicata al rapporto tra il cinema e l’arte, che comprenderà associazioni e istituzioni locali e spero possa risultare di interesse per i miei concittadini».
«Il cinema dovrebbe essere considerato un punto d’incontro e aggregazione – prosegue Malinverni -, non solamente un mero esercizio commerciale. Lottiamo affinché le persone a Piacenza non si riducano a vedere i film nelle squallide periferie o, ancora peggio, in solitudine, sullo schermo di un computer o del televisore, dopo averli scaricati spesso illegalmente da internet. In Italia molti comuni sostengono economicamente le sale, facilitano l’accesso ai giovani, alle famiglie e agli anziani abbassando il costo del biglietto. Tante sono le strade percorribili: film ricercati, conversazioni con i critici ed eventi collaterali. Come insegnante, punterei moltissimo sugli studenti, da coinvolgere sempre più con percorsi dalle mille sfaccettature».
Thomas Trenchi